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LA SPEZIA – E’ più che evidente che agli investimenti pubblici, che sono oggi davvero rilevanti, devono sommarsi gli investimenti privati per perseguire il salto di qualità del nostro sistema portuale e logistico. In questo rientra anche l’ipotesi dei Fondi di investimento, tra vantaggi e rischi, sui quali va intanto aperta una discussione.
di Salvatore Avena
Tra le molte domande che si pongono sugli attuali scenari in via di definizione è certamente degna di attenzione quella che si chiede se gli investimenti nei terminal portuali e logistici possono contribuire allo sviluppo del sistema infrastrutturale italiano e alla sua competitività a livello internazionale?
La risposta in linea di principio è che sì, che possono dare un contributo, è fondamentale però che i fondi di investimento si impegnino su una durata a medio lungo termine perché a rischio c’è la tenuta stessa del sistema italiano nel suo complesso.
Come è noto, in generale, l’investimento di un fondo può portare, per la sua stessa natura, a una diversa visione di una azienda, che potrebbe essere in questo modo più orientata al profitto che ai valori sociali, culturali e ambientali, a discapito dell’identità e del rapporto con il territorio.
Ci sono, inoltre, altri fattori da considerare, come la competizione internazionale e le condizioni macroeconomiche globali, che possono influire sulla domanda e sull’offerta di servizi portuali e logistici.
Gli investimenti dei fondi nei terminal portuali e logistici possono insomma essere considerati un’opzione interessante sia per diversificare il portafoglio di investimento sia come finanziatori dello sviluppo delle infrastrutture italiane.
Va detto ciò in considerazione del fatto che, come si sa, I fondi di investimento sono sempre alla ricerca di opportunità di investimento redditizie e stabili e che il settore dei terminal portuali e logistici può rappresentare un’opportunità interessante per loro.
Non bisogna dimenticare comunque che i fondi sono una forma di investimento collettivo gestiti da grandi società finanziarie che hanno come obiettivo quello di massimizzare i profitti degli investitori.
E che quando investono in aziende, la logica che li guida è di ottenere una quota delle attività e degli utili delle aziende acquisite, le quali dovranno rispondere alle richieste e agli interessi degli investitori, che a loro volta mirano ad ottenere, come detto, il massimo profitto possibile nel più breve tempo possibile.
Per questo assume un ruolo fondamentale il management che oltre ad amministrare e gestire bene le imprese operative dovrà avere il compito di consolidare e difendere i rapporti con i clienti e, soprattutto, con il territorio che ospita le attività.
Ne consegue che è fondamentale anche accrescere e valorizzare una funzione sociale degli investitori per costruire e gestire i rapporti con le realtà locali. Aspetto che non è di poco conto perché su questa impostazione si gioca la stessa tenuta del sistema portuale e logistico italiano e non solo.
In caso contrario l’identità dell’azienda e il rapporto sociale con i territori in cui essa opera potrebbero essere messi in discussione.
Se infatti l’obiettivo principale di un fondo di investimento è solo quello di massimizzare i profitti, scopo peraltro condivisibile, quello che deve preoccupare è il mezzo con cui il Fondo può agire per raggiungere gli obiettivi.
Se dunque, come per qualsiasi investimento, ci sono sempre i rischi normali da considerare, per un hub logistico o terminal portuale ci sarebbe una specifica preoccupazione in più: la perdita di “identità”.