Scontri e incontri tra operatori e armatori sulla visione del Porto della Spezia protagonista nel terzo millennio

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LA SPEZIA – Operatori privati e vertici delle Associazioni portuali e logistiche, si sono confrontati alla prima delle tre tavole rotonde del convegno La Spezia e il suo Porto su “Globalizzazione: come cambiano i modelli e le catene di approvvigionamento tra innovazioni operative e nuove incertezze per la sicurezza mondiale: le risposte locali e internazionali”.

di Enzo Millepiedi

A questo tavolo sono stati chiamati ad intervenire Salvatore Avena presidente della sezione logistica Confindustria La Spezia, Giorgio Bucchioni presidente Associazione Agenti Marittimi, Alessandro Laghezza presidente Confetra Liguria, Baniamino Maltese vice presidente Confitarma, Stefano Messina presidente Assoarmatori, Bruno Pisano presidente nazionale Assocad, Danilo Ricci direttore generale Gruppo Tarros e Alfredo Scalisi amministratore delegato La Spezia Container Terminal Spa.

Beniamino Maltese, vice presidente di Confitarma, ha intento fatto il punto di quello che rappresentano la portualità e la logistica in Italia e nel mondo e in particolare del ruolo che ha l’economia marittima che movimenta 12 dei 18 miliardi di tonnellate. E’ per questo che non ci possiamo permettere di sbagliare nel destinare i quattro miliardi del Pnrr tenuto conto della centralità della regionalizzazione che alla Spezia con Carrara diventa sfida transregionale. Riferito al polo spezzino-apuano ha detto: “Vedo tanto movimento, vedo un porto multifunzionale e interregionale, unica realtà di questo genere che sta funzionando. Ci sono tante incertezze ma la ricetta è: libero mercato, dinamismo e piccola media impresa”.

Salvatore Avena, presidente della Sezione Logistica di Confindustria La Spezia, si è concentrato sui continui progressi fatti nell’automazione e nell’informatizzazione della portualità e della logistica, in una sostenuta marcia di continua innovazione dei processi, ricordandone i benefici: “La digitalizzazione del processo ci consente di fare non solo le operazioni commerciali ma anche di rendere sempre più sicure quelle che sono le complesse organizzazioni e attività di un porto nel quale si incontrano e si incrociano mondi diversi: navi, banchine, trasporti, operatori e mezzi. E quindi? “La digitalizzazione è il punto focale, come nella nostra visione condivisa, per l’armonia dei movimenti e delle movimentazioni. Da qui al Pnrr il passo è stato breve: “Mette a disposizione tante risorse, è davvero una grandissima possibilità. Allora per una volta proviamo a passare attraverso l’esperienza degli operatori altrimenti cogliamo il rischio di vedere quello che abbiamo già visto:  società che hanno beneficiato di grandi risorse realizzando poco o niente”.  Attenti insomma a non fare un buco nell’acqua. Anche perché la digitalizzazione chiama quella che è una emergenza nazionale: la cybersecurity. Che non riguarda solo gli enti pubblici come ci dice la realtà dei tutti connessi per cui basta poco (anche in aziende private o imprese individuali) per creare danni anche ingenti. Si tratta insomma di un rischio che va considerato alla stregua di un rischio di impresa. Per cui ecco la proposta: come accaduto per le agevolazioni in edilizia lo Stato dovrebbe prevedere sgravi fiscali per le imprese che investono sulla sicurezza informatica. Altro tema su cui investire è la formazione sia come sensibilizzazione alla problema della pirateria informatica sia  come strumento per combattere gli attacchi ai sistemi e alle piattaforme informatiche

Giorgio Bucchioni: “Chiesto di ripercorrere le principali fasi di sviluppo del nostro porto, potrei ripartire dalla Pontremolese volendo andare molto indietro nle tempo ma basta pensare che si è ripartiti in un golfo con le infrastrutture distrutte all0ottanta per cento dai bombardamenti. Si si rimboccarono le maniche e si posero le basi per la ripartenza e per quello che sarebbe stato il vero sviluppo quando negli anni Settanta arrivarono armatori genovesi, Tarros, Contship, Merzario e Messina, a dare, con i container, impulso nuovo al porto della Spezia è all’avanguardia nel settore dell’informatizzazione e questa è stata una delle chiavi di successo per lo sviluppo dei terminal. Ricordando insomma come la vocazione del porto viene da lontano e soprattutto da scelte strategiche fatte prima di tanti altri, in tempi completamente diversi da quelli odierni: “Una situazione che ha avuto uno dei suoi capisaldi nella concorde volontà degli Enti committenti per la redazione del Prp ante 2006, e da qui cominciò quella stretta collaborazione tra pubblico e privato che ha elevato il Porto della Spezia ai  vertici della speciale classifica dell’efficienza. Con la concordia anche le piccole cose crescono …”.

Stefano Messina, presidente di Assoarmatori, ha iniziato con una battuta sui segnali di contrapposizione percepiti Deiva mentre era in viaggio da Genova per La Spezia dicendo che stava per tornare indietro …  Battuta a parte, come è nel suo carattere schietto, è intervenuto facendo intanto chiarezza sulle ragioni degli armatori partendo comunque dal dato di fatto che “il trasporto marittimo è essenziale e oggi per il mondo produttivo tutta quanta la logistica è una funzione essenziale. Siamo tutti parte di un cluster e dobbiamo essere alleati. In questi anni il trasporto ha tenuto in vita gli scambi giorno dopo giorno e si è finalmente iniziato a capire che, a differenza di quanto lo considerava l’industria, non è solo un costo da aggredire”. Non ha eluso l’altro problema ovviamente: “Anche nel mondo della logistica e dei trasporti assistiamo al fenomeno della concentrazione anche perché le stesse Pmi non sono spesso nelle condizioni di poter sostenere elevati investimenti”. Quanto alla tendenza dell’integrazione verticale che è mondiale e che non è un fenomeno solo dell’ultimo anno, da quando i noli e i prezzi sono lievitati ma è una realtà in essere da numerosi anni. E se oggi ne stanno beneficiando i grandi operatori che comunque vengono da anni non facili come per esempio è accaduto per la CMA-CGM salvata dal Governo francese. Credo invece che ci sarà una stabilizzazione quando si tornerà a una stabilizzazione negli Stati Uniti e in Cina. Non si possono fare previsioni sul breve termine intanto in un Paese come il nostro nel quale, lo dice la realtà, gli armatori italiani muovono il 4% dei 12 milioni dei container in transito in Italia, che è lo 0,… del traffico mondiale …”. Ultima annotazione sulla efficacia delle scuole di formazione: “Nel nostro settore non c’è disoccupazione”

Alessandro Laghezza, presidente Confetra Liguria:  “Non vedo antagonismo – ha esordito riprendendo la questione della verticalizzazione della logistica – tra armatori e imprese dei servizi. L’importante è che ci siano regole uguali per tutti, il resto lo deve fare il mercato. Le preoccupazioni ci sono, ma bisogna investire sulle risorse umane e sulle strutture, interpretare i bisogni del mercato, innovarsi. Non ci si può però limitare a comprare e rivender servizi perché non sei sul mercato. E con la logistica che è finalmente diventata parte importante nei processi produttivi, lo spazio c’è, ci sono grandi opportunità”. Ed ecco riprendere quello che per questo giovane imprenditore spezzino, ma bisognerebbe dire italiano, è diventato un mantra: “Qui, nel nostro porto, parliamo di 1,5-2 milioni di teus, bene, ma al di là di questo a noi deve interessare soprattutto quello che riusciamo a far restare e quello che rimane nel territorio. Il grosso della ricchezza non sta nel trasferimento della merce containerizzata ma è in quello che c’è intorno, cioè l’enorme potenziale indotto che aumenterebbe in modo sostanziale anche gli occupati del porto. Il porto non si limita alla banchine, a sei chilometri dalle quali, a Santo Stefano, abbiamo un retroporto di grande levatura e potenzialità, in questo senso penso che il porto deve essere un sistema, un insieme interconnesso di valori materiali e immateriali”. E dunque “E’ il Sistema Porto quello che crea valore”

Bruno Pisano, presidente nazionale Assocad (l’Associazione dei Centri di Assistenza Doganale) ha completato il discorso sulla questione del passaggio a una paventata organizzazione portuale e logistica orizzontale a verticale assicurando che “l’attività doganale è difficile adattamento alla organizzazione logistica verticale perchè richiede spesso soluzioni sartoriali per la complessità della materia che va conosciuta davvero a fondo da professionisti capaci, esperti e continuamente aggiornati sia sulla normativa sia sulle innovazioni”. Ha convenuto poi su altri aspetti che hanno fatto il miracolo Spezia: “la realtà di un porto piccolo ma molto efficace, il fatto di essere diventato e di continuare ad essere un porto laboratorio doganale nel quale è da quasi due anni in funzione il primo e per ora ancora unico Centro unico di controllo e nel quale da luglio si sperimenterà il Sudoco, sistema che dovrà essere applicato a tutti i porti italiani”. E ancora, : “Il successo del porto spezzino è legato anppche alla capacità che ha di fare sistema”, un valore aggiunto e non scontato per il quale, come si è visto e come si vedrà, sono tutti non solo concordi ma orgogliosi.

Danilo Ricci, direttore generale Gruppo Tarros. Il suo intervento ha aperto un interessante spaccato che, mia osservazione, può far comprendere meglio anche il concetto del processo in atto di regionalizzazione della globalizzazione. Ed è comunque ripartendo dal fatto che Tarros è un Gruppo che copre fin dagli anni Sessanta tutta la catena logistica nei collegamenti nel Mediterraneo che è una testimonianza in presa diretta quella portata dal manager per il quale, partito dalla crisi del grano, “la geopolitica è determinante al punto che si avranno devastanti se non arriva più il grano dall’Ucraina e della Russia soprattutto per i Paesi dell’Africa” . Quanto ai guadagni degli armatori e alla crisi “bisogna distinguere, perché un conto sono le grandi compagnie mondiali un conto sono gli armatori regionali che hanno subito aumenti costanti e significati per esempio nei costi del carburante ai quali devono fare fronte per aumenti che si sono sommati anno dopo anno in anno. E nonostante questo hanno investito nel potenziamento dei servizi e facendo fronte anche a quella che ha definito una strisciante concorrenza, per un motivo o per un altro, per aiuti a linee concorrenti”.

Alfredo Scalisi, amministratore delegato del La Spezia Container Terminal, ha sintetizzato, in chiusura del confronto, la realtà vissuta nell’ultimo anno dal più grande terminalista del Porto della Spezia che “ha avuto la capacità di cambiare modalità operativa per ben tre volte negli ultimi 12 mesi. Prima durante la pandemia quando non c’era movimento poi nelle fasi successive”. Insomma quello che è “uno dei porti più efficienti d’Europa con indice 3,5 nel rapporto Teus/metri quadrati contro il coefficiente 1,7 di Genova” ha dovuto affrontare e saputo affrontare situazioni incognite in rapida successione. E che ha saputo gestire grazie al suo storico modello organizzativo ad alta flessibilità.  “Saltata la puntualità delle navi giramondo – ha detto – si è ripiegati sulla lavorazione della prima nave arrivata. Ma neppure questo criterio di priorità si è rilevato sufficiente per cui si è dovuti ricorrere ad un ulteriore sistema: operare sulla nave giusta”. I colli di bottiglia causati anche dalla presenza di container nei piazzali sono figli di queste puntualità saltate.  Si verifica pure il caso che ci sono i container pronti per l’export ma non c’è la nave”. Nonostante tutto “il Porto della Spezia è l’unico che si sta sviluppando grazie agli investimenti dei privati”; “siamo al 33% del traffico via ferro e arriveremo al 50% ma se fuori non c’è una rete ferroviaria capace di gestire tutto questo aumento?” E la lezione mai imparata dalla politica si ripete: “Bisogna spendere là dove serve, il Pnrr non deve essere una sorta di sponsorizzazione a pioggia”.

(4 – continua)

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