Regione Piemonte e Metaverso: ma è questo il futuro che vogliamo?

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Torino – La Regione Piemonte governata da Alberto Cirio, insieme alla società in house, ha avviato l’iter per prepararsi ad un futuro nel quale il metaverso, secondo diverse previsioni, sarà la quotidianità, in cui non ci sarà più bisogno di lasciare la propria abitazione per andare a pagare le bollette o per avere le consulenze desiderate: ma cos’è esattamente questo metaverso?

Partiamo dal principio. Per metaverso si fa riferimento ad una rete di mondi tridimensionali focalizzati sulla connessione sociale. Ad oggi l’unico modo per accedervi è mediante l’utilizzo dei cosiddetti visori per realtà virtuale (VR) o per realtà aumentata (AR). Indossando questi dispositivi ci si ritroverà immersi in un mondo più o meno dettagliato a seconda del software utilizzato, avendo la possibilità di incontrare altre persone (o meglio i loro avatar) ed interagire con esse tramite chat vocale.

La vera domanda è: come può tutto ciò facilitarci la vita e aiutarci a “sburocratizzarla”?

In Italia la prima iterazione di questa tecnologia sarà utilizzata dalla Regione Piemonte in cui il direttore generale Pietro Pacini afferma che all’inizio le attività che si potranno svolgere saranno la creazione dell’identità digitale (SPID) e le consulenze tramite sportelli virtuali per il cittadino.

Il progetto mostrato vede la realizzazione del palazzo della Regione in 3D dove, tramite l’ausilio di un visore VR/AR, si potrà accedere senza la necessità di uscire di casa, in cui si potrà liberamente girare alla ricerca dello sportello desiderato, che sia per pagare il bollo o avere una consulenza; basta “spostarsi” all’interno dell’edificio per trovare quello che meglio corrisponde alle proprie esigenze. Il limite maggiore, ad oggi, corrisponde all’innaturalezza del movimento nel mondo virtuale, tradotto in uno spostamento tramite un controller (esattamente come accade in un videogame) ma con conseguente chinetosi (o nausea da movimento) nei soggetti più sensibili.

Questi, come nei videogiochi in realtà virtuale, rappresentano i limiti maggiori per godersi appieno l’esperienza virtuale in cui, dal loro avvento nel 2016, è stato fatto poco e niente per risolverli.

“Il metaverso potrà diventare un nuovo e ulteriore canale a disposizione delle persone” prosegue Pacini, sostenendo che potrà essere utilizzato per “usufruire dei servizi pubblici digitali, come prenotare una visita medica o pagare il bollo auto”.

Tralasciando la questione privacy che non vede ancora una legge che la tuteli nel “mondo virtuale” permangono diverse questioni.

La Regione si è detta pronta a lanciare il progetto già nel 2023 rendendolo a tutti gli effetti operativo ma la questione è: quante persone posseggono un dispositivo per la realtà virtuale? E soprattutto: quante persone sanno effettivamente cosa sia la realtà virtuale e il metaverso?

Prendiamo la quotidianità come esempio. Ci siamo ricordati che non abbiamo pagato il bollo della nostra automobile. L’anno prossimo, di fronte a questa questione ci troveremmo a un bivio: indosso il visore VR, avvio il programma che mi porterebbe nell’ufficio competente del comune (o meglio, la sua ricostruzione 3D), o vado sul sito dell’ACI (come si fa da qualche anno) e in tre minuti risolvo? Stesso discorso per le bollette.

Ultimo punto è che tutto ciò sarebbe rivolto a un pubblico che potrebbe riscontrare delle difficolta, soprattutto motorie, nell’eseguire tutte le loro commissioni “fisicamente”, per esempio gli anziani. Paradossalmente sono proprio quest’ultimi ad avere un rapporto con la tecnologia non tale da consentir loro di farlo “virtualmente”.

Insomma, sembra quasi una forzatura cercare a tutti i costi di voler utilizzare il metaverso in tutti gli ambiti quando dovrebbe essere circoscritto solo in determinati contesti dove si trarrebbe vantaggio di questa tecnologia.

I passati due anni, inoltre, a causa della pandemia di SARS-CoV-2 e dei relativi isolamenti (o lockdown) in cui le interazioni sociali sono state ridotte ai minimi termini, ci hanno insegnato sì a vivere anche “a distanza” ma di come ci mancasse l’interagire con persone in carne ed ossa.

Ora con il metaverso si tenderà sempre di più a un isolamento volontario in cui si preferirà avere un contato virtuale piuttosto che reale (soprattutto nelle nuove generazioni). Se poi questo sarà tradotto in un modo alternativo ma più complesso di svolgere le attività quotidiane il timore è che i vantaggi vengano portati alle estreme contraddizioni.

Tornando alla domanda iniziale; è questo il futuro che vogliamo?

Kevin Antonima

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