Porto della Spezia: sulla vicenda Contship la Filt Cgil scoperchia la pentola di un malessere diffuso

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LA SPEZIA – La Filt Cgil è intervenuta nel dibattito sul futuro del terminal Lsct per chiedere a Contship chiarezza sugli investimenti e non solo.

Il segretario di categoria Stefano Bettalli: “La preoccupazione per ciò che sta accadendo nello scalo spezzino non è certo solo mia, ma anche dei lavoratori, degli operatori, del tessuto cittadino e della politica. Negli ultimi decenni il porto ha svolto il ruolo che era prima dell’Arsenale. Negli ultimi anni ha subito le difficoltà derivanti dalla pandemia e i contraccolpi del conflitto in Ucraina, ma bisogna anche dire che i riflessi negativi non pronosticabili si sono abbattuti su tutti i porti. Sul nostro la situazione è un pò diversa: il culmine negativo è stato toccato a gennaio, poi c’è stata una lenta e progressiva ripresa che ha migliorato i numeri, anche se non siamo tornati a livelli ottimali”.

“Ci siamo beati per troppo tempo di un modello produttivo che ha fatto scuola, ma ora ci troviamo di fronte a nuove scelte. Ci sono nodi importanti da affrontare. Rivolgiamo un grazie a Contship per come ha sviluppato il porto in passato, ma i rapporti con il territorio, che prima erano molto stretti, ora sono deteriorati. Il terminal negli ultimi tre anni ha portato a casa 100 milioni di utili, ma restano disattesi gli impegni presi in sede di rilascio della concessione”.

La domanda è stata conseguente ed è questa: “Contship vuole onorare gli investimenti e rispettare impegni? O no? Vogliono forse riposizionarsi nel Mediterraneo? Il tempo delle mezze misure finito. Non ci possiamo più permettere che non scelgano. Noi siamo disponibili al dialogo, ma dall’altra parte vogliamo qualcuno con idee chiare. Se invece Contship continua a tergiversare, facendo utili e non investendo, sorgono alcuni dubbi e viene da pensare che forse sia il momento di mettere in discussione la concessione. E’ un passaggio delicato, lo sappiamo, ma non si può più escludere niente ed è lecito iniziare a guardarsi intorno. Anche perché una volta Contship era un elemento importante della logistica e della portualità europea, ma oggi comanda chi detiene i traffici, cioè le compagnie”.

“Non ci interessa chi ha la maggioranza, quello che importa è che porti lavoro, occupazione e investimenti, oltre a un miglioramento nei rapporti per l’organizzazione del lavoro” perché “nessuno vuole vedere ripetersi quanto accaduto nei porti di Gioia Tauro e Cagliari dove i lavoratori rimasero senza stipendio per almeno due mesi nel momento in cui l’azienda lasciò i terminal”.

“Lsct impiega oltre 630 dipendenti e con gli appalti si arriva a 1.500 persone. Sarebbe un dramma sociale”.

Le Rsu hanno inoltre rilevato che da un porto di eccellenza è diventato uno scalo in difficoltà, anche per quel che riguarda l’operatività: “Contship ha smesso di investire in manutenzione e mezzi da otto anni. Abbiamo gru che hanno un’età tra i 35 e i 8 anni. E capita che dobbiamo fermare l’operatività per guasti o per poter garantire la sicurezza dei lavoratori perché i magazzini dei ricambi sono vuoti”.

E ancora: “Negli ultimi 10 anni – ha denunciato Gabriele Pireddu – è stata smantellata la fiducia nel management aziendale. Un tempo i lavoratori erano fieri di lavorare in Lsct, dai neo assunti alle figure apicali, oggi non ci credono più e c’è una politica del terrore. Inoltre, dal 2008,abbiamo assistito per la prima volta al licenziamento di quattro lavoratori di un’azienda fornitrice. E il tutto è avvenuto nel silenzio della comunità portuale, tranne il nostro, che non abbiamo firmato l’accordo. Tra l’altro il giorno dopo i colleghi facevano gli straordinari… motivo per cui abbiamo iniziato lo sciopero della flessibilità in positivo da aprile”.
Un dato più che preoccupante  è venuto da quando l’Autorità di sistema portuale era stata costretta a fare da arbitro nel tavolo della trattativa tra Lsct, parti sociali e aziende fornitrici dei servizi di trasporto interno e di shuttle: “E al termine di quella trattativa avevo visto alcuni imprenditori sbandare, come se avessero perso le certezze di una vita. Già quella fu una spia, un segnale che qualcosa non stava più andando per il verso giusto”.

Quello è stato ricordato come un momento cruciale, al quale c’è chi attribuisce una parte delle ragioni dei vertici Contship nel sostituire l’amministratore delegato Alfredo Scalisi con Matthieu Gasselin.

Una annotazione è stata riservata infine al Gruppo Tarros che ha 350 dipendenti per esortarlo ad essere “meno timido, più propositivo”.

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