LA SPEZIA -Il legislatore deve porsi, e al più presto e nel modo giusto, il problema di come accompagnare la transizione digitale nel settore della portualità e della logistica sostenendo e salvaguardando la buona occupazione.
di Salvatore Avena
Gli effetti della pandemia hanno portato aziende e persone a confrontarsi e a misurarsi, alcuni per la prima volta, con i sistemi innovativi e digitali provocando, nella maggior parte dei casi, una forte accelerazione nelle nuove pratiche, sviluppando conseguentemente mutamenti culturali e operativi.
La pandemia ha insegnato grazie al lavoro, allo studio, alla gestione delle relazioni personali e professionali a distanza, che l’innovazione tecnologica con i nuovi “device” a disposizione può concedere benefici e opportunità prima sconosciute.
Diciamo che soprattutto nelle aziende commerciali c’è stato un cambio di paradigma più o meno accentuato; pensiamo solo all’e-commerce che ha cambiato sostanzialmente le abitudini dei consumatori e dei venditori fino a diventare oggi una modalità di acquisto forse non più contrattabile.
Ugualmente, nel settore logistico portuale questi processi culturali e la necessità di innovare e digitalizzare le gestioni operative delle aziende ha segnato un passo che si può definire storico. Oggi per competere e per mantenere gli standard di efficienza richiesti dal mercato è fondamentale rivedere buona parte dei processi operativi imprimendo una svolta decisa nelle nuove tecnologie e assumendo la digitalizzazione come perno per l’innovazione dei diversi sistemi.
Con questo cambio culturale non a caso i provvedimenti del Governo con il PNRR vanno in questa direzione. Il tema della transizione digitale trova infatti nel settore logistico portuale un vasto campo nel quale si può intervenire in modo risoluto soprattutto per colmare quel gap che vede l’Italia indietro rispetto ad altri Paesi.
In sostanza l’innovazione tecnologica è rimasta per molti anni solo un principio scritto sulla carta alimentando decine e decine di convegni e iniziative che hanno coinvolto tutti i comparti della supply-chain.
Oggi, invece, con l’emergenza sanitaria il tema ha imposto nei sistemi operativi aziendali un forte cambiamento, obbligando le aziende a rivedere rapidamente la loro organizzazione. Un processo che ha coinvolto tutti e tutto: domanda e offerta, utenti e consumatori!
Prendiamo come esempio un Porto dove esiste un articolato sistema di movimenti fatto di persone, di merci e di mezzi di trasporto, che producono e richiedono una grande quantità di dati. Le nuove tecnologie, delle quali si parla molto, cioè la connessione 5G che moltiplica per mille la velocità nel traffico dei dati e la tecnologia IoT chiamata l’internet delle cose, armonizzate insieme, saranno in grado di semplificare e automatizzare tutti i processi operativi quasi azzerando il tasso di errori causati dalle attuali procedure e riducendo i costi.
Questo aspetto non secondario avvia anche una importante riflessione sulle avanzate figure professionali che saranno chiamate a gestire questo nuovo sistema di lavoro. E dunque la formazione scolastica e professionale giocheranno un ruolo determinate per cui sarà necessario quanto prima creare le condizioni formative per le nuove specializzazioni.
Ma la vera grande questione sarà come accompagnare il lavoro tradizionale, quello portuale, che inevitabilmente conoscerà una vera rivoluzione.
L’ADSP del Mar Ligure Orientale in quest’ottica ha già predisposto un piano organico del lavoro portuale e ha previsto risorse significative per la formazione. E’ un passo senza dubbio significativo che anticipa in qualche modo i possibili cambiamenti.
Tuttavia guardando al lavoro dei porti, della logistica e dei magazzini su tutto il territorio nazionale sarà fondamentale un’azione combinata fra le rappresentanze datoriali, sindacali e sociali e una presa di coscienza dei legislatori perché in un comparto nel quale sono impegnati migliaia e migliaia di dipendenti la sola formazione e riqualificazione professionale non sarà in grado di dare risposte concrete.
E’ necessario, di conseguenza, un forte investimento sia del pubblico sia del privato oltre ad un intervento normativo in grado di anticipare i possibili effetti negativi e le tensioni che si scaricheranno sull’occupazione.
Sì, credo che il legislatore debba porsi, al più presto e nel modo giusto, il problema di come accompagnare la transizione digitale nel settore della portualità e della logistica sostenendo e salvaguardando la buona occupazione.