LA SPEZIA – “Classe ’71, occhi di ghiaccio e barba bianca, a vederlo così nel suo mantello giallo antivento e antipioggia, Paolo Varrella sembra saltato giù da un peschereccio dei mari del Nord, di quelli che fanno pesca grossa, al freddo e al gelo, in bilico su onde alte decine di metri”.
E invece? “Invece Paolo, spezzino doc, è l’attuale presidente del Consorzio mitilicoltori di Spezia, nonché uno dei più importanti allevatori di ostriche della zona. Uomo di mare quindi, ma di tutt’altra specie.
Abbiamo trovato particolarmente interessante, tra i diversi, l’articolo ilGusto.it (si può entrare nel sito e leggere il servizio completo occasionato dal festival nazionale delle ostriche che si è tenuto lungo passeggiata Morin sul lungomare della Spezia). Per questo ne proponiamo alcuni stralci comparsi peraltro sui social in questi giorni.
Racconta Paolo Varrella: “Il mio viaggio inizia nel 2001 mentre ero studente di biologia marina mi viene proposta una tesi sull’allevamento delle capesante, ma vengo colpito dalle ostriche che crescevano molto meglio. Entrai in contatto con altri pionieri dell’ostricoltura italiano, i sardi Edoarto Turolla a Goro e Alessandro Gorla di San Teodoro. Era un film tutto da scrivere e leggevamo testi francesi e inglesi perché in Italia nessuno allevava ostriche a quel tempo”.
L’articolo prosegue descrivendo i luoghi dell’incontro con Paolo Varrella: “Ci troviamo quindi nel Golfo dei Poeti, una volta centro nevralgico e strategico per la marina e l’aviazione italiana, oggi ancora fulcro della cantieristica navale nazionale e dell’industria bellica, che vede la città della Spezia in una fase di difficile riconversione, da città militare a destinazione turistica, in parte alternativa alle vicine Cinque Terre.
Qui negli anni ’80 iniziano timidamente i primi esperimenti di mitilicoltura moderna, con quelli che diverranno poi i famosi “muscoli” spezzini (le cozze), e solo nel primo decennio del nuovo millennio iniziano ad arrivare le prime ostriche: “In realtà nel Golfo della Spezia c’è sempre stata la raccolta dei frutti di mare – racconta Paolo – muscoli, ostriche piatte, telline, arselle, tartufi, datteri. La costituzione degli allevamenti avviene solo dopo l’unificazione dell’Italia per un motivo preciso: si poteva andare in riva al golfo senza il rischio di prendersi una palla di cannone dagli inglesi a Lerici o dai francesi a Portovenere. Sicuramente, vista la presenza di insediamenti romani in tutto il golfo, c’erano allevamenti di ostriche anche in epoca romana”.
L’articolo completo è su ilGusto.it
Nella foto Paolo Varrella (terzo in piedi da sinistra) ritratto in (buona) compagnia con gli allevatori italiani di ostriche al festival della Spezia