CARRARA – Che Michelangelo Buonarroti fosse innamorato del marmo di Carrara è cosa nota, alcune delle sue opere più famose sono figlie proprio delle cave toscane e una delle più altisonanti è forse la Pietà; ma siamo sicure di conoscere tutto ciò che circonda l’imponente opera dello scultore rinascimentale?
Partiamo dal principio. Il marmo di Carrara viene definito oggi anche “il marmo degli dei” e tra le tante storie di cui siamo a conoscenza, una riguarda Michelangelo e la sua volontà di convertire il Monte Sagro in una enorme statua di marmo. L’ostacolo maggiore non riguardò la volontà nell’eseguire l’impresa bensì la mancanza di fondi necessari a realizzarla.
Nel novembre del 1497 Michelangelo va per procurarsi il marmo per la realizzazione della sua “Pietà” così scrive agli Anziani di Lucca in modo che lo aiutino al suo arrivo.
Là affitta una casa di proprietà di Francesco Pelliccia, impegnato nella cava del Polvaccio, dove Michelangelo compra i blocchi, e che oggi conosciamo con il nome di “Cava di Michelangelo”.
Ma dove nasce l’opera e l’idea di scolpire proprio questa scena dal profondo significato ecclesiastico? Tutto parte dalla commissione del cardinale francese Jean de Billhères il quale, servendo la chiesa romana, voleva essere ricordato a lungo dopo la sua morte, e qui entra in gioco Michelangelo al quale commissionò il compito di creare un un monumento per la sua tomba, dovendo al tempo stesso evocare una scena allora popolare nell’arte nordeuropea: : il momento tragico della Vergine Maria che depone Gesù dalla croce.
In effetti, questa descrizione smentisce l’entità della commissione di Billhères. Il compito preciso di Michelangelo per il progetto era quello di creare la migliore opera in marmo a Roma, che nessun altro artista vivente sarebbe stato in grado di superare.
Mentre altri scultori si sarebbero potuti sentire non all’altezza dell’incarico, Michelangelo era fiducioso nella sua capacità di portare a termine un simile compito, e così fece, creando una delle sculture più famose al mondo, arrivando ad eclissare le sue stesse opere tra cui il David e l’affresco della Cappella Sistina.
Parlando dell’opera in se, la Pietà venne scolpita dal Buonarroti da un unico blocco di marmo ma la cosa curiosa è che si tratta dell’unica opera da lui firmata. Si, perché secondo Vasari, Michelangelo vide la sua opera spacciata per quella di qualcun altro quando fu mostrata per la prima volta ai visitatori. Michelangelo tacque su questo fatto, ma trovò ambiguo che il suo lavoro dovesse essere attribuito a chi non ne avesse merito, così una notte, di nascosto, incise il suo nome sull’opera. In seguito Michelangelo si pentì della compiacenza di questo atto e decise di non firmarne mai più.
Come ogni grande capolavoro che si rispetti, per quanto possa essere perfetto, non mancano le critiche, soprattutto ai particolari. In questo caso la critica arriva direttamente da alcuni fedeli che hanno notato come l’artista abbia fatto sembrare troppo giovane Maria per avere un figlio di 33 anni data l’età stimata di Gesù alla morte. Michelangelo ha difeso questa sua scelta sostenendo che una vergine sarebbe invecchiata diversamente poiché non si sarebbe mai abbandonata ai vizi e desideri lussuriosi che le avrebbero alterato il corpo.
La Pietà è anche la sintesi perfetta dell’incontro degli ideali rinascimentali che si fondono con il naturalismo, mischiandone alla perfezione gli ideali con le pose. Un altro esempio di influenza rinascimentale è la struttura simil piramidale che nasce dalla testa di Maria, scorre lungo le sue braccia e giunge fino alle vesti, in modo del tutto simile all’opera di Canova “Amore e Psiche”.
Tornando alla questione “critiche”, non sono mancate osservazioni circa la proporzione della testa di Maria rispetto al suo corpo, risultando quest’ultimo troppo grande rispetto al capo, questione a cui il Buonarroti era al corrente e per ovviare a ciò le creò abiti delicatamente drappeggianti tali da nascondere la vera pienezza di Maria.
E se vi dicessimo che la Pietà attuale non è al 100% quella dell’epoca? Siamo nella domenica di Pentecoste del 1972 quando un geologo disoccupato ungherese saltò la ringhiera della Basilica di San Pietro e assaltò l’opera con un martello. Con dodici pugni, Laszlo Toth recise il braccio sinistro di Maria, la punta del naso, danneggiando al contempo la guancia e l’occhio sinistro. L’epilogo fu l’internamento dell’uomo in un istituto psichiatrico per due anni, senza però aprire procedure legali nei suoi confronti, definito come “una persona socialmente pericolosa”
Dopo l’assalto si aprì una questione etica e morale: restaurare l’opera o lasciarla così com’è? Si scelse la prima via, con un restauro senza soluzione di continuità, non facendo percepire anche ai più attenti che la Pietà fosse stata ricostruita in parte. Il tutto ha richiesta dieci mesi e l’ausilio di colle invisibili e polvere di marmo per riempire gli spazi vuoti. Onde evitare un episodio simile, oggi l’opera è chiusa e protetta da un vetro antiproiettile. Come si sul dire, non tutti i mali vengono per nuocere, ed è proprio grazie al restauro che gli operai scoprirono una firma segreta tra le pieghe della mano di Maria; una sottile “M” anch’essa attribuibile a Michelangelo.