Dante a Carrara e l’estasi per i nostri territori tanto da riportarli nelle proprie opere

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CARRARA – Dante Alighieri, l’autore della Divina Commedia, considerata il capolavoro della letteratura italiana, ebbe intensi rapporti con il territorio di Carrara e della Val di Magra.

Nel 1306, quando era esule dalla sua Firenze natale, fu mandato come ambasciatore a Sarzana e a Castelnuovo Magra per cercare di pacificare il vescovo di Luni e i Malaspina, potenti signori feudali della zona.

In quell’occasione, il Sommo Poeta poté osservare il paesaggio delle Alpi Apuane, dove si trova la cava del celebre marmo bianco di Carrara, e forse visitò anche la grotta di Fantiscritti, dove, secondo la leggenda, dimorava l’indovino Aronte, menzionato nel canto XX dell’Inferno.

Nella sua opera, Dante fa riferimento a Carrara e alla Val di Magra in due passi. Nel canto XIX del Paradiso, il poeta elenca le «genti che per Toscana o per Lombardia han già lor sepoltura» e tra esse nomina «il popol di Carrara e di Massa». Nel canto XX dell’Inferno, invece, descrive l’indovino Aronte come colui che «ne’ monti di Luni, dove ronca / lo Carrarese che di sotto alberga, / ebbe tra ‘ bianchi marmi la spelonca / per sua dimora». Queste terzine sono state ricordate oralmente dai carraresi per secoli e sono state anche recitate in dialetto carrarino da Riccardo Canesi in un video su YouTube.

Dante, quindi, ha lasciato una traccia indelebile nel territorio di Carrara e della Val di Magra, che ne onora la memoria nel settecentesimo anniversario della sua morte. Un legame che si esprime anche nel monumento a Dante Alighieri a Firenze, realizzato da Enrico Pazzi nel 1865 con il marmo bianco di Carrara.

Ma non solo. Dante aveva già parlato di Carrara e dei suoi monti in precedenti suoi scritti. Nel De vulgari eloquentia, un trattato sulla lingua volgare scritto tra il 1303 e il 1305, Dante cita Carrara come esempio di una città che parla un dialetto diverso da quello fiorentino: «Et quia nonnulli sunt qui putant quod vulgare Florentinorum sit illud quod ab omnibus Italis intelligitur; ut hoc falsum ostendamus et verum demonstremus: dicimus quod vulgare Florentinorum non est illud quod ab omnibus Italis intelligitur; quia si sic esset: omnes Itali loquerentur Florentine; quod falsum est: nam et Carrarienses et Pisani et Lucenses et Senenses et alii plures Tuscani non loquuntur Florentine».

Nel Convivio, un’opera incompiuta composta tra il 1304 e il 1307, Dante parla dei monti di Carrara come luogo di origine dei Liguri Friniati, una popolazione antica che abitava la zona tra la Lunigiana e la Versilia: «E questi Liguri Friniati furono quegli che abitarono ne’ monti di Luni e di Carrara». Questa citazione è stata interpretata da alcuni studiosi come un indizio del fatto che Dante avesse visitato personalmente i monti di Carrara e ne fosse rimasto colpito.

Dante, dunque, aveva una conoscenza diretta e approfondita del territorio di Carrara e della Val di Magra, che ha saputo trasmettere nelle sue opere con maestria e sensibilità. Un territorio che ha saputo ricambiare il suo omaggio con stima e ammirazione. Carrara e la Val di Magra possono essere orgogliose di essere state fonte di ispirazione per il Sommo Poeta e di aver contribuito alla sua grandezza letteraria.

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