L’allarme Alessandro Santi (Federagenti) sulla tenuta delle infrastrutture portuali da proteggere da eventi climatici

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Roma – Dopo la tragedia di Ischia e la mareggiata che ha interessato tutta l’Italia marittima e che solo grazie al Mose ha risparmiato Venezia e il suo porto, la Federazione Nazionale Agenti Marittimi richiama all’attenzione alle infrastrutture strategiche.

E’ il Presidente di Federagenti, Alessandro Santi a intervenire a gamba tesa: “Dopo quello sul dissesto idrogeologico, si pone il quesito cogente sulla capacità delle attuali infrastrutture portuali di sopportare l’impatto dei fenomeni atmosferici derivanti dal cambiamento climatico in atto. Un quesito che riguarda le strutture esistenti, ma anche la necessità di prevedere nuove opere per la protezione dei principali bacini portuali del Paese”.

Come puntaualmente rilanciato questa mattina da Seareporter.it per Santi l’eccezionale innalzamento delle acque nella Laguna di Venezia, non ha provocato danni che sarebbero stati inestimabili alla città (in termini di puri risarcimenti si parla di 250 milioni, per l’ultimo evento pre-Mose), ma anche al porto solo perché l’entrata in servizio del Mose ha consentito di scongiurare il peggio. Ma altri porti in Adriatico e nel Tirreno, hanno subito con conseguenze oggi sottostimate, l’impatto della natura: è accaduto a Ravenna dove il mare ha invaso banchine, piazzali, terminal e magazzini. È successo a Trieste. Si è ripetuto a Napoli. Per le infrastrutture portuali si tratta non solo di danno alla merce nei magazzini o sui piazzali, ma anche di danni agli impianti e conseguenti blocchi dell’operatività e congestioni.

Ancora Santi: “Quelli che sino a pochi anni fa erano considerati eventi atmosferici eccezionali sono diventati la norma e ignorarlo significherebbe ripetere gli stessi errori di sottovalutazione del dissesto idrogeologico del Paese”.

Si stima infatti che da gennaio a luglio si siano verificati un numero di eventi metereologici eccezionali superiore alla media annuale degli ultimi 10 anni. Sul fronte dell’innalzamento medio del mare, da tempo posto all’attenzione dal presidente di Fedrlogistica Luigi Merlo, IPCC stima che questo possa essere di circa 48 centimetri nel 2100, con un innalzamento medio della temperatura superiore a 3 gradi (e anche la siccità è foriera di grossi problemi alle infrastrutture logistiche, si pensi a quelli arrecati durante l’estate torrida alla rete fluviale in Germania, Stati Uniti e Cina.

Secondo Federagenti  è urgente intanto verificare le opere di protezione esistenti, valutarne lo stato di manutenzione, provvedere all’escavo dei fondali del porti, dei fiumi e degli invasi in generale abbreviando nei tempi l’iter procedurale previsto per legge e fissando tempi e metodologie, anche autorizzative, di emergenza.

In conclusione: “Le infrastrutture vanno sottoposte a un’attenta e rigorosa analisi dei rischi, come suggerito dagli organismi internazionali, con le priorità di intervento in base ai rischi potenziali e alle valutazioni economiche, sociali e occupazionali oltre che ovviamente ambientali, nella consapevolezza che quello del Mose, sottraendolo dal giudizio del sistema corruttivo che lo ha tristemente caratterizzato, è un esempio virtuoso della capacità italiana di fare tecnicamente bene coniugando, appunto, le esigenze ambientali con quelle socio-economiche”.

Nella foto il Presidente di Federagenti Alessandro Santi in visita recente alla Spezia insieme al Comandante della Capitaneria di Porto della Spezia Alessandro Ducci.

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