La scomparsa di Bruno Montefiori, sindaco della Spezia dal 1985 al 1990, e più volte assessore, è stata l’occasione sincera per tratteggiare i diversi aspetti dell’uomo e del politico, con ricordi personali e con tratti di autentica commozione.
di Enzo Millepiedi
Gli uomini delle istituzioni e della politica hanno partecipato la loro riconoscenza per il suo costante e coerente impegno, i più intimi ricordato la loro amicizia, la comunità si esprimerà alle esequie. A nome della quale il sindaco Pierluigi Peracchini ha scritto: “La perdita di Bruno Montefiori getta tutta la nostra comunità in un grande. Un galantuomo della politica d’altri tempi, dove il bene comune e gli interessi della Città dovevano prevalere sempre sui personalismi. Lunghissima la sua carriera politica, che ha inciso profondamente nella collettività non solo dal punto di vista amministrativo ma soprattutto umano.
Montefiori è stato, senza dubbio, uno dei sindaci più apprezzati e stimati dagli spezzini, come testimoniano, a poche ore dalla sua scomparsa, i tanti messaggi di cordoglio. Ricordo la sua telefonata quando fui eletto indaco e il suo consiglio di praticare sempre l’arte della diplomazia, come lui saggiamente l’aveva messa in campo per evitare la frattura storica fra Psi e Pci alla Spezia. A nome di tutta la Città, porgo alla sua famiglia le più sincere condoglianze”.
L’arte della diplomazia, appunto. Che significa capacità di ascolto, attenzione, mediazione, rispetto, visione lunga e non precipitosa delle cose. Qualità valide certo per i tempi cui gli è stato dato di vivere ma valide sempre se e quando si condivide il senso dell’arte del possibile.
Sono tanti i ricordi di Bruno Montefiori e gli episodi affrontati con una signorilità non comune né di allora né di oggi. Li custodiamo in noi.
Ricordiamo invece a tutti, per onorare il mandato ricevuto, che i cinque anni in cui fu sindaco, dal 1985 al 1990, furono determinanti per lo sviluppo, condiviso o meno, ma oggettivamente tale, del porto, a compimento di realizzazioni uniche nel panorama italiano iniziate negli anni Settanta (Contship, Tarros, Messina) nel contesto di una tracciata linea conduttrice della politica portuale spezzina fino all’approvazione del Piano Regolatore Portuale nel 1982. Un piano che avrebbe dovuto essere e fu propedeutico – come scrive Giorgio Bucchioni in “La Spezia volti di un territorio” edito da Laterza e Carispe – alla realizzazione del La Spezia Container Terminal che doveva consentire al porto di raggiungere il primato in Italia nei traffici specializzati nel 1990.
Ebbene, Bruno Montefiori fu il sindaco della città in quegli anni ruggenti dell’economia marittima, seguiti e assecondati con intelligenza e con diplomazia appunto, nel quadro di un cambiamento epocale del quale La Spezia non solo si conquistò una adeguata capacità commerciale ma fu determinante, come caso e come modello, nella anticipazione della riforma nazionale.
“La trasformazione, attraverso soluzioni fortemente innovative, del porto spezzino, oltre ad essere premiata dai risultati – scrive Giorgio Bucchioni rievocando quegli anni – ha nei fatti e per molti versi anticipato le riforme intraprese per via amministrativa dal Governo all’inizio del 1989 (i cosiddetti “decreti Prandini”). E’ da tutti riconosciuto che senza l’esempio della Spezia – reso possibile dalla concretezza delle categorie portuali, in primis della Compagnia lavoratori portuali – l’elaborazione riformatrice sarebbe forse diversa”. Riconoscendo comunque che “Ma è anche vero che l’esplosione dei traffici specializzati non è stata indolore per la città: pesante il prezzo pagato sia in termini di viabilità sia di rumorosità …” Ma questa è un’altra e più complicata storia che arriva con gli anni ’90, innescata peraltro dalle due velocità che in Italia hanno avuto e ancora hanno la burocrazia e l’economia e sviluppata da una cultura che è comunque riuscita a superare, dopo molti anni, almeno molte barriere, con il cantiere comunque ancora aperto ma comunque in buon stato di avanzamento lavori.