Il grido di allarme dalla Naples Shipping Week: l’’Italia sta perdendo la partita della costruzione dei parchi eolici offshore

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Napoli –  Quale è lo stato dell’arte degli impianti eolici in mare? Lo scottante tema non p0teva essere ignorato dalla Naples Shipping Week- Port&Shipping Tech. E non lo è stato.

La risposta dell’ingegner Luigi Severini, iLStudio Engineering & Consulting Studio srl  e membro della Associazione Ingegneria Offshore e Marina, è venuta durante la conferenza Over&Under The Sea, dalla quale è stato mandato un altro grido di allarme all’Italia.

Ha spiegato Severini durante l’incontro moderato da Lucia Nappi, direttore di Corriere marittimo  che “l’’Italia sta perdendo la partita della costruzione dei parchi eolici offshore, un settore che al 2050 prevede lo sviluppo di progetti per miliardi di euro. I porti e le infrastrutture, gli armatori la cantieristica nazionali non sono attrezzati per far fronte allo sviluppo che questo comparto avrà, a differenza di quanto invece stanno facendo gli altri Paesi, come Stati Uniti, Francia e Spagna e molti altri Paesi europei, ma non solo.
Le imprese nazionali si devono prepararel’Italia corre il rischio di vedere progetti che verranno realizzati da imprese estere e, anche questo, sarà un settore che andrà in mano agli stranieri, come già molta altra parte della nostra industria. In Italia mancano sia le navi, sia le banchine e le strutture portuali adatte per realizzare questi impianti e raggiungere l’obiettivo di 30 GW entro il 2030. Tanto per capirci, l’agenzia Usa dedicata al settore prevede la necessità di 80 navi di vario tipo, 2100 turbine e 12mila km di cavi, con una stima occupazionale da 12mila a 50mila posti di lavoro”.

Per Il Parco eolico di Taranto, realizzato in un anno ma preceduto da una fase molto più lunga e complessa delle approvazioni rilasciate dai diversi enti – ha rilevato l’ingegner Luigi Severini – si è già concretizzato il rischio di vedere le imprese estere che lo realizzano: gli impianti sono stati progettati in Italia, ma sono stati realizzati interamente con componenti provenienti da Spagna, Cina e Nord Europa. Il sistema burocratico e quello industriale non sono infatti assolutamente pronti. Ci sono resistenze, ma soprattutto vuoti  di conoscenza, per cui serve uno sforzo importante per non ritrovarsi a essere solamente clienti.

E sono tanti i gap per l’Italia per sviluppare una filiera dell’eolico offshore che Severini ha indicato: i porti nazionali non adeguati per l’handling di questa tipologia di infrastrutture perché hanno banchine troppo piccole, gli armatori non hanno navi da adibire al trasporto di queste strutture, i cantieri non sono indirizzati al tipo di navi richieste e manca anche una cantieristica di supporto per realizzare imbarcazioni da lavoro.

E’ insomma tutta la filiera di un comparto che attiverà  potenzialmente miliardi e grandi numeri per nuova occupazione.

Fonte Corriere Marittimo

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