Dagli Stati Generali dell’Export Italiano di Marsala arriva l’appello alla politica: puntare sul commercio estero

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L’Italia dell’Export torna a stringere mani, a rivolgersi al mondo, a chiudere affari e a chiedere un ruolo più attivo alla politica. E lo fa dagli Stati Generali dell’Export a Marsala, alla loro terza edizione.

 A inaugurare la tre giorni di dibattiti e eventi sono stati esponenti delle istituzioni, delle imprese, delle banche. Lo spirito comune – sottolineato anche dall’ideatore del Forum, Lorenzo Zurino –  è quello della ripartenza, del ritrovarsi per fare rete e tentare di far si che la ripresa economica di questi mesi non sia solo un “rimbalzo”, ma la base per una crescita strutturale, a partire ovviamente dalle esportazioni.

 “In questi mesi di uscita dalla pandemia – ha detto nel suo saluto inaugurale Massimo D’Alema, ex presidente del Consiglio e ora advisor di Ernst&Young – viviamo il clima di un dopoguerra, come se fosse in atto un cambio di gerarchie e di valori. Ci vuole un’interdipendenza sostenibile, con un forte ruolo della politica. Ma è un errore pensare al dopo Covid come a una spinta contro la globalizzazione, è un’idea antistorica e sbagliata per un paese come il nostro: se vince la chiusura siamo più deboli. Non dobbiamo spaventarci della lunghezza della catena del valore – ha concluso D’Alema – il nostro paese è un pezzo dell’economia-Mondo: più il campo è aperto più vince la qualità, più vince l’Italia”. 

“La Sicilia si sta rialzando dopo aver subito gli effetti pesanti della pandemia – ha detto nel suo intervento il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci – le cifre parlano di un più 16.5% di export. Numeri che sono merito anche di tanti imprenditori coraggiosi, perché fare impresa in Sicilia vuol dire fare una fatica tripla: la Sicilia è l’esagerazione dell’Italia, nel bene e nel male.  Cosa chiediamo a noi ma soprattutto al governo centrale? – ha scandito Musumeci – Una burocrazia meno faziosa e più efficiente; infrastrutture come il collegamento sullo Stretto; un porto che sia hub per le merci che attraversano i nostri mari; linee ferroviarie veloci e solide; infrastrutture strategiche. La Sicilia – ha concluso – può diventare l’Eldorado del Mediterraneo, nei prossimi 15-20 anni: ma dovremo vincere la cultura della rassegnazione”.

Poi è stata la volta del primo panel di discussione fra gli imprenditori. Cinque fra gli esponenti più importanti del mondo produttivo contemporaneo, cinque aziende italiane che vivono quotidianamente la sfida dei mercati globali.

“La complessità del sistema export non è riassumibile solo nel lavoro di un ufficio o di un funzionario – ha detto Alfonso Dolce, CEO di Dolce & Gabbana  – ma è un sistema di volontà, di culture, di visioni che regolano comunità mondiali. Da soli si fa poco, per crescere ci vogliono oceani e la capacità, la cultura (e il sogno!) di saperli attraversare”.

Parte da un paradosso, invece, Pietro Salini, Ceo di Webuild: “E’ la bellezza del nostro paese che ci ha travolto. Pensiamo ancora che la bellezza risolva i nostri problemi, ma non è così e forse non lo è mai stato! Altre nazioni combattono sui mercati con strumenti tecnologici e politici molto più efficaci. E lo dico a nome di un gruppo che opera a livello globale con 70 mila risorse, 15mila solo in Italia”.

La difesa del made in Italy contro le contraffazioni e l’”Italian sounding” sono nelle parole di Andrea Benetton, Ceo di Cirio  e Maccarese Agricola: “E’ una sfida che parte soprattutto dalla cultura e dalle conoscenze. Noi stiamo facendo formazione continua anche nella nostra azienda, dove l’età media è inferiore ai 35 anni. Ci sono giovani che sanno e che vogliono condividere un sapere, è così  – ha detto Benetton – che si eleva il livello di un’intera filiera produttiva che guarda ai mercati mondiali”.

Il sostegno all’export e alle aziende che puntano all’estero arriva anche dalle banche e dalle istituzioni finanziarie.

Un ruolo cruciale, come sottolineato anche da Saverio Continella, Direttore Generale di Banca Agricola Popolare di Ragusa: ”Credo sia importante per il sistema bancario in generale e per Banca Agricola in particolare essere a fianco delle imprese in un momento come questo di ripartenza. I risultati significativi ottenuti sull’export ci spingono ancora di più a impegnarci per valorizzare le nostre imprese lavorando in simbiosi con il territorio. Credo che questo sia il momento giusto”.

Una visione più positiva, quasi ottimistica, quella di Alessandro Decio, Ad di Banco Desio e Brianza: “Molte aziende che lavorano con l’estero hanno adesso una struttura finanziaria più corretta rispetto al prima pandemia, molte hanno ordinativi che cominciano ad accumularsi, malgrado la difficoltà di reperimento delle materie prime. E i bilanci sono sostanzialmente in linea con l’andamento degli anni passati. E’ un segno di forte reattività, di prontezza”.

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