Controlli delle merci sono ancora importati? Da chiedersi se i rischi che la velocità non faccia rima con la sicurezza

Tempo di lettura: 2 minuti

LA SPEZIA – L’allungamento della catena logistica, che si estende dalle banchine dei porti agli hub dei terminal nell’entroterra destinati alle merci importate, solleva serie perplessità e suscita numerosi interrogativi riguardo all’efficienza se la velocità commerciale non farà rima con la sicurezza.

di Enzo Millepiedi

Velocizzare il trasporto delle merci in importazione è sempre stata la sfida dei sistemi portuali e logistici che è riuscito, nella concorrenza con gli scali nord europei, a recuperare, se non in tutti gli hub sicuramente in quelli più innovativi, come alla Spezia. Che la merce arrivasse a Milano più velocemente da Amburgo e da Rotterdam che dai porti italiani era uno smacco al quale si doveva porre assoluto rimedio. Ricordo che così la pensava Angelo Ravano quando venne a fondare qui quello che sarebbe stato per decenni il modello-novità di efficienza per l’intero sistema italiano e non solo.

Ed è proprio non solo su quel modello ma soprattutto sulla creazione di una nuova cultura che si sono fondati i successi successivi a cominciare dallo sdoganamento in mare anticipato fin dal momento del primo porto europeo toccato dalla nave.

La realizzazione, resa possibile dalla intelligente collaborazione tra pubblico e privato, del primo (e rimasto tale in Italia) Centro Unico dei Servizi a Santo Stefano Magra, naturale prolungamento delle banchine, può essere considerata un ulteriore significativo progresso sulla strada della modernizzazione di un sistema che stenta a svincolarsi dall’impostazione di una burocrazia per certi versi ancora ottocentesca.

Intuitivo è l’obiettivo raggiunto per ridurre ulteriormente i tempi di attesa dall’aver unificato e concentrato in un solo luogo e in un solo momento tutti i controlli dei container con i più innovativi sistemi invece che in ordine sparso dai molti enti preposti.

Un procedimento che dà, oltre all’abbattimento dei tempi, i due risultati che devono essere garantiti simultaneamente: l’efficienza e la sicurezza.

L’ulteriore sviluppo di corridoi doganali che allontanano sempre di più i controlli dalle banchine del porto si chiama “verticalizzazione della catena logistica” con la quale si consente al container di arrivare nei terminal dell’interno  nei quali attivare le procedure di  “sdoganamento”.

Un sistema questo che aggiunge poco o nulla alla velocità e all’efficienza della catena logistica ma che pone forti perplessità sulla sicurezza declinata in tutti i suoi aspetti: dalla igiene alimentare alle contraffazioni, alle merci pericolose non controllate, alla sicurezza per le persone, compresi i giocattoli per i bambini, insomma  a tutto ciò che è  illecito e che si declina nella parola contrabbando.

E ancora una volta siamo di fronte a un sistema se non strabico certamente bipolare che accentua il rigore (in alcuni casi giudicato perfino maniacale) distraendo peraltro traffici nei Paesi europei concorrenti ma che, nel contempo consente, certamente non voluto e contrastato, il rischio  per l’importazione di prodotti non soggetti a quel rigore.

I dubbi ci sono, in una procedura tutta italiana, e non sono di poco conto.

Condividi :

Altri Articoli :

Iscriviti alla nostra newsletter