Genova – Otto ore di interrogatorio durante le quali ha risposto a tutte le 180 domande dei sostituti procuratori Federico Manotti e Luca Monteverde e del procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati, una memoria difensiva di 17 pagine.
Questi in sintesi i numeri di quanto avvenuto nella caserma della Guardia di finanza nel porto di Genova, dove il Presidente della giunta regionale ligure Giovanni Toti ha sostenuto la sua difesa improntata alla “ferma volontà di collaborare alla ricostruzione della verità” partendo dal presupposto che “ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati”.
“Non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti, mai ho ingerito nelle libere scelte e decisioni dei soggetti coinvolti mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto, mai ho servito un interesse particolare in danno di quello collettivo”.
“L’attenzione verso il mondo privato e dell’impresa è stata messa in campo con ogni genere di attività economica e quale che fosse la sua origine, senza alcuna discriminazione: aziende e persone fisiche sostenitrici della mia propria parte politica sono state ascoltate esattamente come soggetti notoriamente con orientamenti politici diversi o politicamente non esposti”.
“Lo stesso dicasi per aziende e persone fisiche che nel tempo hanno contribuito ai comitati elettorali di Toti come aziende e persone fisiche che mai lo hanno fatto. Una rapida analisi della mia agenda quotidiana basterà a darne conferma. La medesima attenzione era riposta senza distinguere per dimensioni e tipologie di impresa, cercando, ove possibile, come si evince anche dalle indagini, di comporre per quanto possibile anche le divergenze da imprese dello stesso settore evitando conflitti e contenziosi, specie di tipo legale, che normalmente rallentano ogni investimento”.
“È da una visione di ampio respiro, che abbracci tutto l’arco della mia presidenza, che si può apprezzare la nostra visione politica e comprendere appieno come tutte le mie azioni (anche quelle contestate) siano state ispirate, certamente dalla giusta attenzione verso le imprese operanti sul territorio, ma nell’unica prospettiva della tutela dell’interesse collettivo e del suo progresso”.
“Così come ogni intervento a favore delle iniziative economiche è stato pubblico, spesso attraverso specifiche comunicazioni (si vedano le innumerevoli esternazioni sugli equilibri portuali da raggiungere per interesse pubblico), anche ogni dazione di denaro è avvenuta nella massima trasparenza. Ciò è riconosciuto dagli stessi atti di accusa ove si fa riferimento a bonifici effettuali ai Comitati politici, gestiti nei principi legali della massima trasparenza, con obiettivi e organismi statutari e bilanci pubblicati a norma di legge”.
La procura di Genova interpreta “erroneamente” i bonifici fatti dall’imprenditore Aldo Spinelli e non ricorda che la prima elargizione del gruppo Spinelli “alle campagne politiche del mio partito risale addirittura alla prima campagna elettorale (2015) quando io non ero ancora governatore e si sono succedute nel tempo con cadenze semmai legate agli eventi politici della Regione (elezioni comunali, regionali o manifestazioni varie) e non legate a specifiche situazioni economiche o alla compresenza di vicende di interesse per Spinelli.
Tale modalità di diffusione nel tempo delle donazioni, identica per ogni donatore, qualifica lo spirito liberale e di sostegno politico alle nostre iniziative in Regione e sul territorio. Sicuramente nella costruzione dell’animus con cui la donazione avviene incide la precisa politica di attenzione dell’amministrazione per le esigenze delle imprese e dei cittadini, intesa come politica generale di cui ogni soggetto per sua parte può beneficiare, ma certamente non incide la presunzione di specifiche utilità legate ad una singola e specifica situazione, men che meno di atti contra legem”.
E “Registrando ogni versamento, non solo da parte del Comitato Toti ricevente, ma anche della impresa o del soggetto donatore, appare chiaro che il donatore stesso non considera in alcun modo la sua dazione di denaro come merce di scambio o pagamento di un interesse illecito, attività che anche egli stesso con la pubblicità del versamento si incaricherebbe di denunciare” conclude Toti.
“Nell’ordinanza di custodia cautelare così come nell’intero impianto accusatorio si analizza solo una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, presidente, e mondo del lavoro e delle imprese. E di tale limitatissima parte si fa paradigma per tutto il resto. Al contrario, l’atteggiamento e l’animus dei rapporti e dei contesti analizzati dovrebbe invece essere esaminato e interpretato alla luce della generalità e molteplicità dei rapporti di un lunghissimo periodo”.
“Per il voto di scambio è da evidenziare che vinsi le elezioni con circa 380mila voti. Il sostegno della Comunità riesina si sostanzia, nelle indagini, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l’apporto non è tale da turbare l’equilibrio democratico del voto, per altro particolarmente irrilevanti nel caso del candidato, Ilaria Cavo, a cui viene attribuito il mio appoggio. I fratelli Testa venivano presentati come attivisti politici con incarichi in Regione Lombardia da due onorevoli. Nel loro curriculum vi erano incarichi politici legati alla giunta regionale lombarda. Entrambi gli onorevoli (Sorte e Benigni) ne garantivano le qualità personali. Gli stessi sui social (e credo formalmente) erano rappresentanti ufficiali della Comunità riesina nel mondo: il fatto di essere riesini e loro rappresentanti non può equivalere ad essere considerati come persone di malaffare. Analoga attenzione a gruppi organizzati rappresentanti cittadini di comune estrazione (lucani, calabresi nel mondo) è prestata dalla politica di ogni colore al fine di raccoglierne il consenso”.
“Quanto ai telefoni lasciati fuori dalla imbarcazione (di Spinelli) nelle foto non si vede il mio telefono. Telefono che per altro era con me in molte occasioni anche sulla barca e a dispetto dell’atteggiamento altrui, visto che volevo essere sempre reperibile. D’altra parte nel caso di Punta dell’Olmo, o, della prima chiamata a Signorini per informazioni sulla calendarizzazione del Terminal rinfuse, appare evidente che avessi con me il cellulare visto che chiama dalla stanza dove si trova con gli Spinelli”.
“È possibile che in rare situazioni Spinelli abbia chiesto di lasciare il cellulare perché, come si è poi saputo, temeva di essere spiato da concorrenti a cui evidentemente non voleva far conoscere il suoi piani di impresa che discuteva con le istituzioni”.
Esaurito il confronto con i pubblici ministeri la prossima mossa di Toti sarà di chiedere al giudice per le indagini preliminari la revoca della misura cautelare che, se concessa, il presidente affronterà lo snodo politico rimasto in sospeso cioè il confronto con la sua maggioranza per decidersi se dimettersi o no.