Canale di Suez e corridoi marittimi: ma dopo il Mar Rosso …?

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LA SPEZIA – C’è una domanda alla quale, al di là della situazione contingente e ammaestrati dagli avvenimenti degli ultimi tre anni, dobbiamo porci seriamente su Canale di Suez e corridoi marittimi finiti sull’ottovolante, ma dopo il Mar Rosso …?

di Salvatore Avena

L’economia globale ci dice che il traffico marittimo è un’infrastruttura essenziale. Infatti il 90% del commercio mondiale avviene via mare. In questo contesto il Mar Rosso rappresenta uno dei corridoi marittimi più importanti al mondo e le sue chiusure, anche se temporanee, hanno avuto ed hanno un impatto significativo sulla catena di approvvigionamento globale e sui prezzi delle materie prime.

Oggi per i Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum, rispetto al quale sono state costruite economie e sviluppi portuali e logistici, non basta più analizzare e denunciare i fatti che accadono lungo i corridoi marittimi e cercare soluzioni immediate, ma è indispensabile ragionare in una logica di sistema che veda protagonisti tutti Paesi del Mediterraneo compresa la fascia Nordafricana.

Una declinazione del Piano Mattei anche per il settore dei trasporti marittimi e la logistica potrebbe essere inoltre un utile strumento di analisi, approfondimento e collaborazioni per evitare che il nostro Paese, più di altri, subisca il danno economico e occupazionale più consistente dal protrarsi dei conflitti che stanno pregiudicando il traffico marittimo con l’Estremo e il Medio Oriente.

Per questo credo che oggi più che mai siamo obbligati a guardare oltre.

Oltre rispetto al conflitto nel Mar Rosso.

La storia recente ci ha già lanciato più di un monito rispetto all’imprevedibilità nell’utilizzo delle rotte tradizionali: la pandemia, la crisi delle materie prime, la rincorsa al reshoring, l’incidente della Ever Given, le politiche europee in materia di emissioni di anidride carbonica (ETS) a carico delle flotte, il conflitto medio orientale, per citare alcuni fatti, sono tutte questioni che, insieme, ci dicono che per il nostro Paese c’è urgente bisogno di cambiare il punto di vista.

Ci dicono che è fondamentale un approccio non contingente ma strategico sul futuro del traffico marittimo commerciale e che non bastano solo le politiche di difesa militare perché questo unico elemento porterebbe a un aumento del rischio per le navi mercantili e a una maggiore incertezza per la comunità marittima internazionale.

Il Mediterraneo ha bisogno di una politica unica e di sistema che sia in grado di mantenere l’appetibilità per i traffici marittimi perché questo significherebbe, soprattutto per il nostro Paese, di non dipendere da altri nella gestione delle importazioni di materie prime e semilavorati ma soprattutto di non dipendere da altri per l’esportazione del Mady in Italy che è una quota significativa del PIL nazionale.

Senza un approccio strategico l’Italia corre il rischio di perdere in competitività e qualità, per questo deve spingere i Paesi del Mediterraneo, con l’Italia naturale capofila, a costruire insieme, subito per il futuro, un nuovo modello che favorisca i traffici prevedendo forme incentivanti per scalare il nostro mare.

Altro che ETS!

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