Bruxelles – Il più grande produttore mondiale di olio da cucina usato (Used Cooking Oil, UCO), la Cina, presto esaurirà le scorte di oli esausti, a causa della vertiginosa impennata della domanda di Europa e Stati Uniti per questa materia prima.
È quanto emerge dal recente studio di Transport & Environment (T&E), organizzazione ambientalista indipendente europea, che ha commissionato una ricerca a Stratas Advisors, in cui viene esaminata la capacità di raccolta dei principali produttori mondiali di oli esausti. L’analisi rileva che, già oggi, la Cina esporta più della metà degli UCO che raccoglie, utilizzati principalmente per essere trasformati in biocombustibili per auto e camion europei e statunitensi.
Non solo: la domanda di UCO è in predicato di triplicare entro il 2030, principalmente spinta dal settore aereo che li necessita per raggiungere gli obblighi di immissione in consumo previsti dagli obiettivi di carburanti ‘sostenibili’ per l’aviazione (Sustainable Aviation Fuels, SAF) [1]. Sulla base di questi risultati, T&E chiede di limitare le importazioni non sostenibili e di dubbia provenienza di questi oli esausti.
Domanda di UCO in crescita esponenziale. L’Europa consuma 130.000 barili di olio da cucina usato al giorno – 8 volte più di quanto raccoglie. Dopo l’approvazione dell’Inflation Reduction Act di Biden, anche gli Stati Uniti ora ne consumano 40.000 barili al giorno. Per colmare il divario tra raccolta domestica e domanda, entrambi i blocchi stanno importando sempre più UCO dalla Cina, oltre che dall’Indonesia e dalla Malesia. Ma poiché anche le compagnie aeree iniziano a partecipare a questo mercato, la domanda supera di gran lunga quanto può essere raccolto in modo sostenibile.