Acque internazionali: ma di chi è veramente il mare?

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Roma – Quando si guarda all’orizzonte una delle domande che ci si potrebbe porre è a chi appartenga veramente il mare, a quale stato.

La risposta è semplice; il mare non appartiene a nessuno stato dato che le acque sono definite “internazionali” grazie alla Convenzione di Montego Bay del 1982 che sancì che nessuna nazione potesse esercitare sovranità secondo il principio “res communis omnium” (qualcosa di comune a tutti).

In queste vaste distese d’acqua, quindi, si può navigare, pescare e condurre ricerche scientifiche ma ci sono dei limiti in cui il mare è ancora sotto la giurisdizione di uno stato, limite fissato a 12 miglia partendo dalla costa. Ci sono casi, però, in cui una nazione può proclamare una Zona Economica Esclusiva, che può estendersi per ulteriori 188 miglia all’interno dei quali si applicano le loro leggi.

Da questo concetto si potrebbe dedurre che dopo 12 miglia non vi sia nessuna legge da rispettare e che si potrebbero considerare le acque internazionali come “luoghi anarchici “ma, ovviamente, non è così.

Secondo l’articolo 92 della Convenzione di Montego Bay, chi naviga in acque internazionali deve rispettare le leggi della nazione che dà la bandiera all’imbarcazione sulla quale viaggia, di conseguenza se una nave italiana naviga a 30 miglia dalla costa del Portogallo, essa deve rispettare le leggi italiane.

E se una nave non avesse nessuna bandiera? In questo caso varrebbe comunque il diritto internazionale e potrebbe venire processata per pirateria secondo le norme di chi effettua l’arresto.

Le attività consentite dalla convenzione consistono anche nel poggiare cavi sottomarini, costruire isole artificiali e altre installazioni, previa autorizzazione internazionale. Questo in fase puramente teorica dato che all’atto pratico, non avendo l’ONU alcun effettivo potere di bloccare le azioni degli Stati sovrani, questi informano la comunità internazionale una volta completate le varie opere senza previa richiesta di permesso.

Purtroppo, essendo il mare apparentemente privo di confini e libero, diventa molto spesso teatro di conflitti geopolitici tra le grandi potenze, ponendosi come luogo strategico per l’economia dei vari paesi.

 

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